Concerto dei Pink Floyd del 1989
Inviato: mar lug 15, 2014 17:33
Pink Floyd, 25 anni fa lo storico concerto
Il live a San Marco tra mito e polemiche, 15 luglio 1989. Nell’ex chiesa di Santa Marta un’esposizione di foto e ricordi dell’evento. Bettin: «Non se ne capì la grandezza»
Sono passati 25 anni dalla notte di un Redentore che nessuno ha più dimenticato. Un trauma e una meraviglia. E dopo così tanto tempo ci sono voluti due scatenati fan dei Pink Floyd, uno di Conegliano e uno di Padova, per riaprire in laguna le porte dei ricordi. A Venezia, nell’ex-chiesa di Santa Marta (fino al 26 ottobre, ore 10-18, ingresso 10 euro), Gianluigi Soldi e Alberto Durgante, con l’associazione Floydseum, hanno aperto la loro collezione, contattato fotografi e fan club in giro per l’Italia. L’obiettivo? Mettere in mostra il 15 luglio 1989, «The night of wonders », come la chiamano. Duecento oggetti, di cui 150 scatti, la maggior parte inediti, firmati tra gli altri da Gille Furmanovsky, Vision e Guido Harari. E poi ritagli di giornali, alcuni disegni originali per il film The Wall. I martelli luminosi di Marco Lodola. Persino un salvagente ripescato sotto la piattaforma, trasparente e col nome in rosa della band inglese. «Oi, ‘ndemo véder i Pin Floi», avrebbero cantato i Pitura Freska e ancora ci si divide tra chi c’era e chi no. Tra questi ultimi proprio Gianluigi Soldi: «Ero in montagna per amore».
Paradossi di quel live in Venice, il cui padre era il manager italiano della band, Fran Tomasi. Si vedono sbarcare in laguna: sono Richard Wright, Nick Mason, David Gilmour, Jon Carin, Tim Renwick, Guy Pratt, Scott Page, Gary Wallis. E poi i tecnici al lavoro sul grande palco galleggiante. Lo sciame di barche e barchini. La folla che cresceva ovunque e ondeggiava, fino ad arrampicarsi su balaustre e imbarcaderi. Si vede lo show stellare. E infine lo choc del mattino dopo, la città come un campo di battaglia. Chi diede l’ok fu il vicesindaco di allora, Cesare De Piccoli: «Quella firma la rimetterei anche ora – dice – Ho coperto le responsabilità di chi, tra assessori e funzionari, non aveva fatto il proprio dovere. Giravo in barca coi vigili, ero angosciato. Ma è stato proprio grazie a quei 200 mila giovani se non è successo nemmeno un incidente». Per tutti è stato «un concerto fantastico». Lo dice anche Gianfranco Bettin, «ma ho l’impressione che non avessero la minima idea di cosa significasse realizzarlo, né di quale mostruosa capacità di attrazione avesse la band». Ne conviene anche Cristiano Chiarot, sovrintendente del Teatro La Fenice che pure organizza grandi eventi fin dentro Palazzo Ducale. «Certo di un altro genere – se la ride – Forse abbiamo imparato a misurarci con la delicatezza della città».
Ma oggi sarebbe possibile un’iniziativa simile? «Non credo. C’è però un luogo con le potenzialità per ospitarlo: l’Arsenale». «Cosa intendiamo per grandi eventi? – si chiede Davide Rampello, che dirige un Carnevale da torpedoni di visitatori – L’unicità di Venezia richiede eventi unici, a sua misura». Nessuno dubita che San Marco e il bacino siano da allora off limits. «Ormai abbiamo una consapevolezza sull’uso dei luoghi. Quella era un’altra idea di modernità – riflette Bettin - Non demonizzo eventi così importanti, ma bisogna valutare tutto. Ad esempio, non far scomparire la festa del Redentore come successe». E De Piccoli: «Allora lo vissi come l’occasione per ritrovare un rapporto con i giovani, proprio quando si viveva la caccia al saccopelista. Quel rapporto si è interrotto dopo, quando hanno vinto i conservatori». E se qualcuno oggi proponesse lo show di una popstar? Rampello non ha dubbi: «Porterei Lady Gaga a Mestre o a Marghera ».
15 luglio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
da http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 0517.shtml
Fu trasmesso in tv, vero ?
Il live a San Marco tra mito e polemiche, 15 luglio 1989. Nell’ex chiesa di Santa Marta un’esposizione di foto e ricordi dell’evento. Bettin: «Non se ne capì la grandezza»
Sono passati 25 anni dalla notte di un Redentore che nessuno ha più dimenticato. Un trauma e una meraviglia. E dopo così tanto tempo ci sono voluti due scatenati fan dei Pink Floyd, uno di Conegliano e uno di Padova, per riaprire in laguna le porte dei ricordi. A Venezia, nell’ex-chiesa di Santa Marta (fino al 26 ottobre, ore 10-18, ingresso 10 euro), Gianluigi Soldi e Alberto Durgante, con l’associazione Floydseum, hanno aperto la loro collezione, contattato fotografi e fan club in giro per l’Italia. L’obiettivo? Mettere in mostra il 15 luglio 1989, «The night of wonders », come la chiamano. Duecento oggetti, di cui 150 scatti, la maggior parte inediti, firmati tra gli altri da Gille Furmanovsky, Vision e Guido Harari. E poi ritagli di giornali, alcuni disegni originali per il film The Wall. I martelli luminosi di Marco Lodola. Persino un salvagente ripescato sotto la piattaforma, trasparente e col nome in rosa della band inglese. «Oi, ‘ndemo véder i Pin Floi», avrebbero cantato i Pitura Freska e ancora ci si divide tra chi c’era e chi no. Tra questi ultimi proprio Gianluigi Soldi: «Ero in montagna per amore».
Paradossi di quel live in Venice, il cui padre era il manager italiano della band, Fran Tomasi. Si vedono sbarcare in laguna: sono Richard Wright, Nick Mason, David Gilmour, Jon Carin, Tim Renwick, Guy Pratt, Scott Page, Gary Wallis. E poi i tecnici al lavoro sul grande palco galleggiante. Lo sciame di barche e barchini. La folla che cresceva ovunque e ondeggiava, fino ad arrampicarsi su balaustre e imbarcaderi. Si vede lo show stellare. E infine lo choc del mattino dopo, la città come un campo di battaglia. Chi diede l’ok fu il vicesindaco di allora, Cesare De Piccoli: «Quella firma la rimetterei anche ora – dice – Ho coperto le responsabilità di chi, tra assessori e funzionari, non aveva fatto il proprio dovere. Giravo in barca coi vigili, ero angosciato. Ma è stato proprio grazie a quei 200 mila giovani se non è successo nemmeno un incidente». Per tutti è stato «un concerto fantastico». Lo dice anche Gianfranco Bettin, «ma ho l’impressione che non avessero la minima idea di cosa significasse realizzarlo, né di quale mostruosa capacità di attrazione avesse la band». Ne conviene anche Cristiano Chiarot, sovrintendente del Teatro La Fenice che pure organizza grandi eventi fin dentro Palazzo Ducale. «Certo di un altro genere – se la ride – Forse abbiamo imparato a misurarci con la delicatezza della città».
Ma oggi sarebbe possibile un’iniziativa simile? «Non credo. C’è però un luogo con le potenzialità per ospitarlo: l’Arsenale». «Cosa intendiamo per grandi eventi? – si chiede Davide Rampello, che dirige un Carnevale da torpedoni di visitatori – L’unicità di Venezia richiede eventi unici, a sua misura». Nessuno dubita che San Marco e il bacino siano da allora off limits. «Ormai abbiamo una consapevolezza sull’uso dei luoghi. Quella era un’altra idea di modernità – riflette Bettin - Non demonizzo eventi così importanti, ma bisogna valutare tutto. Ad esempio, non far scomparire la festa del Redentore come successe». E De Piccoli: «Allora lo vissi come l’occasione per ritrovare un rapporto con i giovani, proprio quando si viveva la caccia al saccopelista. Quel rapporto si è interrotto dopo, quando hanno vinto i conservatori». E se qualcuno oggi proponesse lo show di una popstar? Rampello non ha dubbi: «Porterei Lady Gaga a Mestre o a Marghera ».
15 luglio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
da http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 0517.shtml
Fu trasmesso in tv, vero ?